Una delle cose più brutte
del Natale sono gli alberi posticci, che prendono polvere per 11 mesi e poi
vengono abbardati a festa come cougar rifatte male.
Non ce la posso fare, tutta
quella precisione dei rami sistemati con simmetria, mi fa venire il
voltastomaco. Il rosso, il dorato, l’argentato sono nuances che non compaiono nel
pantone della Maison Cataratta. Per non parlare di BabboNatale, con tutta
quella inquietante obesità insalamato nella tutina rossa.
Vogliamo parlare di mostaccioli e roccocò? No perché io proprio
vorrei conoscerli questi estimatori dei dolci natalizi. Salvo giusto il
pandoro, che io mangio dal 6 gennaio in poi, quando raggiunge un prezzo
ragionevole, in fondo è solo un ammassi di grassi idrogenati e zucchero, 2 euro
sono più che sufficienti.
Le grandi abbuffate cozzano con la mia ortoressia (io sono una di quelle che mangia poco e spesso. Spesso poco, ma questo è un altro discorso).
No, a me il Natale proprio non piace, mal tollero persino gli
zampognari, e per questa mia peculiarità io mi sento profondamente ghettizzata,
soprattutto su Pinterest.
Da quando mi sono riprodotta, però, il Natale diventa un obbligo a cui mi
sottopongo ben volentieri per le mie creature. Ma l’avversione per il Natale è
evidentemente una cosa genetica: ricordo gli occhi di Matilde (all’epoca aveva
scarsi due anni) pieni di paura che sussurrava “BabboNatale non esiste,
BabboNatale non esiste”, perché l’idea di un vecchiardo canuto che striscia in
casa nel cuore della notte, la turbava assai e la costringeva a lunghe sedute
di training autogeno.
Ma a volte il marketing pressante diventa più potente della
genetica, quindi, nonostante le belle parole, anche qui nella Maison Cataratta
dall’8 dicembre si respira una leggera brezzolina natalizia (niente di grave
comunque). L’albero lo prendiamo vero da Ikea, ché ci solleva molto l’idea che alla fine delle feste possiamo restituirlo
senza alcun rimorso in quanto, dopo essere stato frullato, rinascerà scaffale
di STUVA (questa perlomeno è la storia che mi piace raccontare alla prole).
Fedele
alla legge di Murphy, scelgo il giorno più piovoso, così che io possa
smadonnare in pieno spirito natalizio, mentre attendo il mio turno all’addiaccio
fuori di capannoni di Ikea. Se voglio fare le cose fatte bene, il giorno prima
lavo pure la macchina (evento che capita giustappunto una volta all’anno), così
che sia ancor di più un piacere caricare il ricettacolo di aghi di pino, sporco
di fango. E vai con il jingle bells!
L’alberello che abbiamo scelto quest’anno è piccolo e
brutto, stortignaccolo, sul secco andante, insomma proprio come piace a noi. La
mia è una questione di estetica: le cose lucide-sberluccicanti-sgargianti-paillettate-luminose,
che strizzano l’occhio al lusso, non mi piacciono in nessun ambito. Per me sono
più gradevoli le cose polverose, vecchiotte, decadenti e non parlo necessariamente
di vintage.
Insomma nella nostra vita è arrivato questo alberello molto
spennacchiato, che le due sorelle veleno hanno provveduto a riempire di palline
(come se non avesse già molti problemi di suo, povero cocco).
Io nel frattempo
mi sono dedicata al mio albero di carta a muro, che ho amato così tanto che ho deciso di farne un’istallazione
permanente.
Quindi ho pensato: perché non fare un tutorial? E lo dedico a tutti quelli, pochi, che decorano la casa
il 22 dicembre in barba a questo trend così sgradevole di circondarsi di luminarie
già il 20 novembre.
Ecco quindi.
Andate a Port’alba e comprate quei libricini a
1 euro di carta ingiallita, di bassissima lega (tipo romanzi di Delly, così da
non turbare troppo i bibliofili). Strappate le pagine, non è necessario essere
precisi, l’approssimazione è l’anima di questo lavoro.
Sistemate le pagine per
terra, sovrapponendole alla bene e meglio, a forma di albero. Quando sarete
soddisfatti del risultato, attaccate tutto con lo scotch, senza ritegno alcuno perché
tanto state lavorando sulla parte che avrà contro il muro, quindi nessuno potrà
giudicare i rammaggi. Quando avrete completato l’opera, attaccate l’albero sul
muro con delle punesse (discrete mi raccomando, niente di colorato).
Questa ovviamente è una versione ridotta, io l'ho fatto di quasi due metri |
Alla fine,
sempre con dei chiodini, facendo attenzione a non bucare i fili elettrici onde evitare la folgorazione natalizia,
sistemate le lucine colorate. Io le ho comprate da Ikea l'anno scorso (tipo queste), comunque ne trovate a battaglioni in questo periodo.
Direi che fa la sua porca figura, che ne dite?
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