Io adoro i sabato sera che prendono una piega inaspettata.
Perché se c’è una cosa profondamente ingiusta a questo mondo è il dover dedicare il sabato, così agognato, a spesa, pulizie, panni stesi e altre faccende poco amene.
Capisco pure che un sabato intero dedicato all’organizzazione serratissima, mi consente di avere una settimana meno gravosa, con un recupero sulla mia tabella di marcia di ben un quarto d’ora, che (brivido lungo la schiena) posso spendere per far asciugare per benino lo smalto e non andare in giro con le unghie tutte sbeccate (perché neanche le goccine di Essence possono contro le fantasiose urgenze che inventano le sorelle veleno quando stendo la lacca).
-Un quarto d’ora super lusso durante una settimana infernale val bene un sabato a piegare vestiti, cucinare lo scibile e far
partire lavatrici come un automa, quindi sbrigati signorina. – dice la saggia Rottermaier
che vive in me ed è l’unico motivo per cui riesco a sopravvivere a questo
turbinio.
-Mammt- risponde la svagata classe ’86 che ogni tanto cerco
di assopire, ma che nei momenti più inopportuni balza fuori in tutta la sua
smandrappatezza.
Mentre le mie voci di dentro lottavano per l’egemonia, è
giunto inaspettato l’invito per una festa pomeridiana al Parco Ventaglieri
dall’amica Antonella. Le mie figlie messe dinnanzi alla scelta tra la festa nel
parco e la spesa alla Coop, hanno urlato di gran lena: COOOOP!
Delusione.
Vergogna.
Costipazione.
Roba che mi costerà una decina di sedute di analisi: il
sangue del mio sangue che sceglie l’alternativa più becera e consumista,
snobbando un evento selvaggio e mondano.
E così fu che ho piazzato i 15 chili di bucato ad ammuffire
in un cesto al centro del corridoio, ho lasciato un topo triste a piangere di
fame nel frigorifero vuoto, ho fatto una piroetta sul letto sfatto, ho preso
prole e marito e ho accettato l’invito dell’amica Antonella.
Il parco succitato è di una rara bellezza decadente, nel bel mezzo del
quartiere Montesanto , che è ruvido e inospitale. Al centro vi è un unico
scivolo di legno, che non sia mai che a qualche bambino venisse in mente di
utilizzarlo, si ritroverebbe con le terga tutte grattugiate. In compenso, c’era
una concentrazione tale di madri giovani e allegre da mettere in dubbio la
veridicità delle statistiche sulle nascite.
Può sembrare azzardato ma c’è stato
un istante, breve sia chiaro, in cui mi sembrava di stare nel bel mezzo di Parigi, in quello sputo
di verde organizzatissimo al centro del Marais dove i bambini scorrazzano
allegri, mentre le mamme chiacchierano e i padre giocano a ping pong (no, vabbè, il ping pong a Ventaglieri latitava, però in compenso c’erano molta birra).
Certo, noi
abbiamo dovuto sistemare il passeggino in un punto strategico per evitare che
lo rubassero; abbiamo dovuto salire 500 gradini (croce delizia di una città
arroccata) perché l’ascensore è ferma dal 2005; e abbiamo dovuto anche fare un
paio di antitetaniche alle bambine, perché il parco non è che rispetti tutte le
norme CE .
Però tornando a casa eravamo tutti allegri e siamo andati a prendere
anche lo spritz a Bellini e davvero mi sembrava di stare in un posto bello dove
crescere i figli.
(La verità è che Parigi mi ha devastato e debbo ancora
riprendermi. Se qualcuno vuole strapparmi via questo ridicolo basco dalla testa
e questa baguetta dall’ascella, gliene sarò infinitamente grata)
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